Le nove vite di Novella Parigini

 

Una scatola di cartone color avana, come quelle delle scarpe, riposava da un po’ di anni nell’archivio del museo del louvre di Roma. Sollevando il coperchio, dentro si legge, a pennellate rosa, “Archivio Novella Parigini”.
All’interno della scatola ci sono fotografie, cartoline, lettere, brochure di mostre, schizzi e disegni, ma anche documenti di viaggio, biglietti da visita, numeri di telefoni e indirizzi di amici e celebrità, ricevute di hotel e ristoranti in giro per il mondo.
Tutto questo è appartenuto alla pittrice Novella Parigini (1921-1993) che, con la sua persona e la sua arte, ha incarnato l’essenza di un’epoca. Animatrice degli anni d’oro della Dolce Vita, dei gossip consumati sui tavolini dei bar, dei divi di Hollywood in giro fra paparazzi per le strade di Roma.
Con i suoi coloratissimi dipinti, con i ritratti ipertrofici delle dive del cinema, con i suoi volti di gatti in serie, Novella Parigini è stata pop già dai primi anni ’50, pop prima ancora di Schifano e di Piazza del Popolo. Il suo studio di via Margutta è una piccola Factory romana di cui lei è la regina indiscussa, Novella come Andy, ma con il volto e le movenze di Edie. Se la sua fama al tempo è stata grande, di lei oggi purtroppo resta poca memoria. Per questo motivo abbiamo deciso di aprire quella scatola magica che un tempo è stata sua. Per immergerci nel mondo di Novella Parigini e scoprire qualcosa in più su questa piccola grande icona pop, mai abbastanza celebrata. 


Le nove vite di Novella Parigini

Pittrice, enfant terrible, pioniera, mondana. Novella è stata una delle protagoniste di quella vita molto dolce e un po’ romana che, fra gli anni ’50 e i ’60 del Novecento, aveva tutti gli occhi del mondo puntati su di sé. Novella “regina di via Margutta” che fa presenza fissa sulle colonne scandalistiche dei giornali. Novella che, ancora prima, è a Parigi con gli esistenzialisti. Novella che espone giovanissima a New York, Novella che indossa il primo bikini, Novella che fa il bagno vestita in una fontana di Roma ancor prima di Anita Ekberg.

E ancora Novella che è amica di Dalì e di De Chirico, di Sartre e di Cocteau e ritrae con la stessa naturalezza gatti e dive di Hollywood. Novella che è ella stessa forse un gatto e, come i gatti, ha nove vite. E ama i tetti e gli abbaini, siano quelli di Montmartre o della sua casa-studio al quinto piano di un vecchio palazzo di via Margutta. 192 scalini, da salire accompagnati da un sfilza di scritte vergate sui muri, che a ogni piano gridano, con voce un po’ stridula e bambina: “Novellina sta all’ultimo piano”.

Lassù si poteva incontrare Alberto Moravia seduto a terra “a far disegni da ragazzo”, Ava Gardner, Marlon Brando, Ursula Andress (prima di diventare la Bond Girl per eccellenza) o Gary Cooper che ballava il tip tap sulle travi di legno sconnesso, molestando i vicini. Narra la leggenda che il nome Novella fu suggerito da D’Annunzio in persona alla madre, aristocratica toscana, da cui Novella aveva preso un certo piglio snob. Di tutta quella snobberia fu però presto stufa e, dopo aver dato alla luce la sua unica figlia, Novella la smise con le mondanità. Non si stancò mai però di dipingere i suoi quadri. Perché dipingere era per lei essenziale, come respirare, la sua stessa vita. Ma sarà poi vero? “Tutto è vero in lei, tutto è falso” diceva di lei la scrittrice e giornalista Flora Antonioni, in un pezzo uscito sul Corriere nel 1955. Novella Parigini a trent’anni era già stufa di tutto, voleva farla finita o farsi monaca. Ma come i gatti ha vissuto invece ancora e ancora, disseminando in giro le sue coloratissime donne-gatto disegnate a gessetti. “Io vivo sempre felice” dice in un’intervista da anziana, “non ho nostalgia del passato”. Inafferrabile Novella, un po’ gatto un po’ bambina, con la vitalità e la libertà di quelli che, in un mondo di Infelici Molti, Elsa Morante chiamava i Felici Pochi.

P.s. Se volete conoscere la sua voce, potete farlo qui

Livia Satriano

 

Mario Carbone e i suoi cento anni

Libreria-galleria il museo del louvre  opere visive e letterarie del ‘900 Roma via della Reginella 8a tel. 06-68807725             info@ilmuseodellouvre.com     www.ilmuseodellouvre.com    https://www.ilmuseodellouvre.com/contenuti/mostre/

mostra a cura di Giuseppe Casetti.                   dal 15 maggio al 15 giugno

In concomitanza con il compimento dei 100 anni verrà celebrato il fotografo Mario Carbone. La sua lunghissima storia artistica copre quasi un secolo che va dal carretto trainato a mano al raggio laser, passando attraverso i luoghi dell’Italia rurale fino alle grandi metropoli con un occhio sempre attento verso le celebrità dell’arte e gli autori, così come le persone comuni, le strade. Le sue intuizioni come le foto dal televisore della metà degli anni ’60, il teatro Patologico, il primo (ed ultimo) “Festival della Poesia” di Castel Porziano. L’aver dato risalto ai temi di attualissima presenza nella nostra vita odierna, alle grandi manifestazioni politiche come Valle Giulia del 1968 e alla satira politica (oggi meme di internet). Tale vicenda artistica merita un omaggio a Mario Carbone autore di una riflessione per quanto dato alle arti fotografiche in Italia e nel mondo, ed è per questo che questa “festa” a sorpresa presso il museo del louvre di Roma sotto la cura di Giuseppe Casetti sarà arricchita da 20 immagini scelte ed inedite di Mario Carbone alle quali si unirà la presentazione da parte di Giuseppe D’Addino dei finalisti del Premio Fotografico a lui dedicato giunto alla settima edizione.

 

Continue reading Mario Carbone e i suoi cento anni

Carlo Ludovico Bragaglia: “Luigi Chiarini: La bella addormentata” (film 1942).

La servetta Carmela (Luisa Ferida) giunge dal paesello al servizio nella casa del notaio don Domenico (Osvaldo valente), ipocrita ed ambiguo e viene da questi sedotta. La ragazza fugge dalla casa e cade nelle spire di una megera che lusingandola con promesse vuol far mercato della sua bellezza. Un giovane, Salvatore detto il Nero (Amedeo Nazzari), che lavora nella zolfatare la toglie dalla turpe casa e impone al notaio di riparare il mal fatto sposandola. La ragazza trascorre le varie vicende come in uno stato di rintontimento. Il giorno delle nozze essa sviene prima di entrare in chiesa e si ammala gravemente. Prima di morire rivela che il solfataro era il suo unico amore e la incomprensione di lui ha causato la sua malattia.

Candidature: Coppa Mussolini per il miglio film italiano

Regista:Luigi Chiarini. Soggetto: Rosso Di San Secondo. Sceneggiatura: Luigi Chiarini, Umberto Barbaro, Vitaliano Brancati. Intrpreti: Luisa Ferida, Osvaldo Valenti e Amedeo Nazzari.

Le fotografie in mostra sono di Carlo Ludovico Bragaglia

Attilio Pratesi “Minute di corrispondenza dalla Cina 1899”

Dall’Oceano Pacifico lat.50° long.180° luglio 1899.  Giorno corrispondente (fra il 12 e 13 luglio).  Manoscritto a matita, pagg.27 cm. 21.5×28.5. Lettere ad un amico in forma di diario (Attilio Pratesi: Escursioni in China ).

Estratto da : SUSANNE FRIEDE “Il pericolo giallo“Der Chinadiskurs in der Nuova Antologia 1899-1901

https://www.google.com/search?client=firefox-b-d&q=Attilio+Pratesi+viaggio+in+Cina+1899#ip=1

(… ) Anche in questo caso le relazioni tra Italia e Cina sono nuovamente in primo piano. Il diario di viaggio di Attilio Pratesi, pubblicato in un totale di cinque puntate, si basa su diversi viaggi. Il primo di questi fu compiuto da Pratesi per conto dell'”Ispettorato generale delle strade ferrate”, insieme a ingegneri inglesi e americani, nell’ambito dell’organizzazione del Pekin- Syndicate, si impegnò nel febbraio e marzo 1899 a esaminare la rete ferroviaria e le vie d’acqua delle due province centrali di Shasi e Honan in relazione alle possibili rotte commerciali (si veda la prima continuazione). La pubblicazione dei suoi rapporti al “Ministero dei lavori pubblici”, tuttavia, si rivelò un successo solo nel maggio del 1900 – in un certo senso come un’introduzione ai resoconti dei viaggi dell’aprile e del maggio 1900 – come interessante per la Nuova Antologia.La Cina appare nei diari di viaggio di Pratesi come uno spazio completamente estraneo per l’italiano, soprattutto quando tralascia gli ambiti di realtà che sono al centro della sua missione e descrive nei dettagli, ad esempio, l’archi- tettura dei palazzi e delle residenze vescovili che ha visitato, o dei templi che si trovano lungo il percorso di viaggio. Qui si può vedere qualcosa dello “specchio esotico” che la Cina (e anche il Giappone) serviva per le concezioni esotiche europee di questi Paesi nel XIX e all’inizio del XX secolo.29 Nella tipologia testuale dei diari di viaggio, la Cina viene, in una certa misura, costruita per la prima volta davanti agli occhi del lettore come uno spazio geograficamente e culturalmente nuovo. Questo processo trova espressione nei diari di viaggio di Pratesi anche nelle numerose rappresentazioni di singoli fenomeni: Luoghi, persone, paesaggi, dai quali, come pezzi di un puzzle, si costruisce gradualmente un’idea della Cina.

 

 

Gianlorenzo Chiaraluce “La persistenza dell’invisibile: “Diana Rabito Performer, Artista, Poetessa, Aviatrice, Attrice”. (Art Fond Ducci Foundation Art Magazine marzo-aprile-maggio)

LA PERSISTENZA DELL’INVISIBILE: “DIANA RABITO PERFORMER, ARTISTA, POETESSA, AVIATRICE, ATTRICE.” ALLA LIBRERIA GALLERIA IL MUSEO DEL LOUVRE

di Gianlorenzo Chiaraluce

La protagonista di questa storia svetta verso il cielo con i piedi a mezz’aria. Non tocca terra, perché il suolo rimane il luogo privilegiato di coloro che non hanno una visione. Si materializza, austera, come la fulminea visione di una santa o di un fantasma, che ha preso corpo all’improvviso davanti a una parete bianca. Il viso rivolto verso l’alto fissa un punto imprecisato, quasi a voler invitare lo spettatore a cercare con gli occhi ciò che non si vede. I trampoli a cui sui appoggia rivestono l’immagine di quella stessa atmosfera malinconicamente circense di uno dei periodi più dolci e inquieti del giovane Picasso. Diana Rabito è catturata così dall’obiettivo rigoroso e magico di Claudio Abate, il fotografo che ha saputo rendere eterna l’istantaneità dell’effimero. Giovanna dei trampoli è il titolo della foto in bianco e nero, che documenta una performance del 1973 con cui si apre idealmente la mostra “Diana Rabito Performer, Artista, Poetessa, Aviatrice, Attrice.”, curata da Giuseppe Casetti in quella piccola camera di tesori inaspettati che è la libreria galleria il museo del louvre, studio bibliografico e galleria al centro di Roma. La Rabito, nata nel 1943 e scomparsa nel 2013, ha tenacemente fatto della sua vita la sua arte e la sua parabola, utilizzando il proprio corpo come strumento affilato con cui espletarla, prima come attrice, poi come scrittrice, pittrice (già dagli anni Sessanta) e performer. La mostra ha il merito di raccogliere una serie di opere e documenti poco noti, ricostruendo parte del profilo di un’artista finora piuttosto trascurata dalla storia dell’arte, a riprova delle zone opache che essa presenta e su cui andrebbe fatta più luce. Un corpus che, nel suo complesso, aggiunge ulteriori tasselli alla produzione artistica e performativa al femminile negli anni Settanta, complicandone gli esiti e aprendovi ulteriori margini di riflessione. Nonostante infatti le diverse mostre in sedi prestigiose, come la Galleria Arco d’Alibert o il Palazzo delle Esposizioni di Roma, la Biennale dei Giovani di Parigi e la XLII Biennale di Venezia, o i numerosi testi scritti su di lei di critici tra cui Renato Barilli, Franco Solmi e Achille Bonito Oliva, quasi mai il nome della Rabito compare tra quello dei protagonisti che hanno animato una scena così fervente, che ha rimesso in gioco gli stessi crismi del fare artistico. Una situazione che lei visse però in prima persona, stringendo rapporti personali con alcuni tra i più noti personaggi dell’epoca, tra cui Gino De Dominicis, Vettor e Mimma Pisani, Giulio Turcato e Tano Festa, come documentano diverse delle opere in mostra. Un motivo dell’assenza potrebbe essere rintracciato nel rifiuto quasi programmatico di aderire a una pratica riconoscibile e a un orizzonte mediale o tematico di riferimento. La sua attività è stata infatti governata dalle leggi dell’assoluta libertà, dall’abbandono metodico del conformismo e della maniera, cosa che renderebbe difficile, o perfino goffo, un tentativo di sistematizzazione. Più che inseguire il mito della permanenza, l’artista sembrerebbe esser stata sedotta dalla fiamma oscura e istantanea dell’erotismo, dal lirismo sottile dell’ironia e dalla logica del paradosso: pratiche impermanenti, non muscolari, destinate a galleggiare sull’acqua come una piuma, senza produrre le stesse esondazioni che genererebbe un sasso, ma un lieve sussulto che ricorda il fremito di un respiro. Forse delicato, ma così più vicino al ritmo della vita. Tra gli ambiti indagati nelle performances di Rabito uno tra questi è il rapporto retinico e carnale con l’immagine. In Incubazione della luce (1968) si serve di una lampada per condensare un fascio luminoso in un contenitore tubiforme, quasi a voler incanalare la luce quale strumento primario della visione e farne un oggetto con cui stabilire un rapporto connettivo. Con Cannibalismo retinale (1973) l’occhio, strumento con cui divoriamo la realtà, viene a sua volta offerto in pasto. In un piatto di ceramica sono sparpagliate una serie di sagome ritagliate di occhi, come le ostie di un ostensorio, per attivare un cerimoniale di voracità voyeuristica che trasforma lo spettatore in soggetto attivo e “cannibale”. Anche la dimensione più scanzonata del gioco e il retaggio dell’infanzia che tarda a esaurirsi – e che forse non si esaurisce mai del tutto – sono altri temi cui si riferiscono alcune delle sue azioni. Una tra le più epiche risale al 1972: Cielo entronauta, una performance che vede la Rabito perfino nelle vesti di aviatrice. Mentre sorvola la città di Roma con un aereo, lancia manciate di foglietti con una favola dattiloscritta, che è un inno alla potenza costruttiva della coesione. Così come nel “folle volo” di D’Annunzio su Vienna, compie una dimostrazione militare che sostituisce al carattere propagandistico l’esigenza di affermare il valore celeste della pace. Diverte immaginare il probabile stupore degli spettatori inconsapevoli dell’epoca, sconcertati dalle finalità del gesto, ma accattivati dalla pioggia di volantini e dal tocco subitaneo e paideutico della fiaba. Di nuovo in Giocattoli di guerra (1973), forse sulla scorta delle armi di Pino Pascali, mette in scena alcuni bambini vestiti alla cavalleresca, che giocano alla guerra con fionde e spade giocattolo, ribadendo lo spirito serio della dimensione ludica e quello carnevalesco della fol- lia bellica. La poetica surrealista degli oggetti è un altro degli aspetti più accattivanti nel suo alveo di riflessione: con Orgasmo in guardaroba (1968) gli appendiabiti divengono amanti furtivi, attori di un assemblaggio destinato a materializzare incontri fugaci e libertini nello spazio inconsapevole di un armadio. Un’ultima menzione per le opere su tela esposte, che coprono un periodo che va dagli anni Ottanta ai Novanta. In questa fase l’artista, tornata alla pittura, si dedica alla riproposizione di soggetti femminili carichi di pathos, forme sinuose e sensuali animate da colori accesi, composizioni sgocciolanti che sembrano liquefare l’immagine nel tumulto dell’espressione. Anche il mondo magico, quell’altrove imprecisato in cui perdersi, è un altro dei temi a cui porge l’orecchio, nel tentativo di far emergere dai quadri le energie inafferrabili dell’incorporeo, addensando alla pennellata tenue ed emozionale il filtro della tensione verso l’assoluto. Giovanna dei trampoli, come Giovanna d’Arco, è stata guerriera profetica e misconosciuta, eroina eretica e allucinata, guardiana dell’invisibile, ma soprattutto e prima di tutto artista appassionata, come nel film di Carl Theodor Dreyer o nelle femminilità scalpitanti dipinte da Carol Rama.

 

Art Fond

Ducci Foundation Art magazine marzo aprile maggio

 

 

 

Raoul Verdini “disegnatore, illustratore e giornalista italiano (1899-1981)

 

verdini web

A3 il formato dell’arte. Giuseppe Casetti “Diana Rabito Performer Artista Poetessa Attrice Aviatrice”

 

20 Mag 2023

https://www.raiplaysound.it/audio/2023/05/A3-il-formato-dellarte-del-20052023-4dad1dc4-c801-4274-a1c5-ded936617387.html

Everybody talks about the weather

Ospite d’apertura di Elena Del Drago è Dieter Roelstraete, curatore della mostra “Everybody talks about the weather” alla Fondazione Prada di Venezia, Ca’ Corner della Regina, fino al 26 novembre; protagonista dell’incontro Giuseppe Casetti, curatore della mostra “Diana Rabito. Performer, Artista, Poetessa, Aviatrice, Attrice”, aperta fino al 9 giugno al Museo del Louvre di Roma. Per l’ABC d’arte la storica dell’arte Diletta Borromeo racconta che cos’è un ‘ready-made’.

 

La lavagna

Diana Rabito Performer, Artista, Poetessa, Aviatrice, Attrice.

Diana Rabito “Giovanna dei trampoli” ph. Claudio Abate 1973

            Mostra a cura di Giuseppe Casetti

Libreria-galleria il museo del louvre  opere visive e letterarie del ‘900 Roma via della Reginella 8a tel. 06-68807725             info@ilmuseodellouvre.com     www.ilmuseodellouvre.com    https://www.ilmuseodellouvre.com/contenuti/mostre/

            29 aprile 2023      9 giugno  2023

                            Inaugurazione  ore 17.00     

Quelle favole lanciate sui tetti i gesti d’ arte di Diana Rabito

E’ passata come una stella cadente sulla scena romana dell’ arte degli anni Settanta. Diana Rabito se ne è andata venerdì notte. E di lei resta la memoria di quell’ aereo che sorvolò il cielo della capitale una notte di Natale di quarant’ anni fa, per lanciare sulle teste dei romani volantini con il testo di una favola. Un gesto avanguardista. Per narrare una fiaba. Quella storia per bambini si intitolava Cielo entronauta. E cadde come la neve su Roma il 24 dicembre 1972. Di Diana Rabito restano altri lavori e storie, immortalati dalla macchina fotografica di Claudio Abate, il reporter dell’ arte romana. E poi anche memoria di una mostra alla galleria Seconda Scala di Adriana Bucciana in quei vivissimi anni Settanta di Roma che, schiacciati tra i fasti dell’ Arte Povera dei Sessanta e il ritorno alla pittura della Transavanguardia degli Ottanta, sono al centro della riscoperta nella mostra del prossimo ottobre curata da Daniela Lancioni al Palazzo delle Esposizioni. «Diana – precisa Achille Bonito Oliva – era legata in quel periodo a figure come Vettor Pisani e Gino De Dominicis. Lei, da pittrice, sviluppò quel tasso di esoterismo che era implicito nell’attenzione di Pisani per i Rosa Croce e di Gino per il mito di Gilgamesh». Rabito aveva lo studio a via del Babuino e un passato, negli anni Sessanta, da attrice di film popolari, come il giallo Ipnosi e il drammatico Le due leggi (1963), ma anche una parte nel capolavoro diretto nel 1965 da Sergio Leone Per qualche dollaro in più. Poi un passo indietro, il ritiro nella sua casa al mare. E l’ uscita progressiva di scena. «Diana Rabito è stata un’ artista genialee rigorosa, schiva rispetto alle competizioni», il ricordo di Bonito Oliva.

Articolo di Carlo Alberto Bucci tratto da “La Repubblica” del  23 giugno 2013. 

Nel 1971 nella   presentazione della mostra  di Diana Rabito nella galleria Soligo ”Ipotesi sul consumismo” Franco Solmi scrive: “ (…)

Diana Rabito pare nutrirsi d’odio e perseguire, con allucinata determinazione, un suo disperato disegno; disperato perché nell’atto della denuncia è implicito quello della sconfitta: Nei suoi dipinti non c’è davvero speranza, piuttosto vi  si può cogliere un’amara irrisione dell’uomo che “ vive e veste panni” con l’etichetta protettrice del sistema. Forse mi sbaglierò, ma credo che in questa pittrice l’inquietudine si assommi alla perdita di ogni possibile speranza, e sfoci nel discorso senza alternative che oggi ci propone, come sfociasse nel suicidio. Non si tratta solo di morte dell’arte, intellettualmente così ben fondato, ma di una morte di sé che l’uomo, e quindi l’uomo-artista, sente incombere da ogni parte. La morte dell’individuo non può avere risarcimento nel mondo delle “copie conformi” in cui stiamo vivendo e affondando giorno per giorno. Non può esserci  risarcimento per il creatore di immagini laddove l’immaginazione non ha preso il potere. Il cammino di questa artista è quello di tanti altri: costretta ad aprire gli occhi su una realtà del presente istituzionalizzato, Diana Rabito non immagina più il Che Guevara o Debray, ma file di cappotti e camicie, di stampelle e oggetti pronti a rivestire ed investire l’uomo socializzato da vincoli del consumo di sé. 

 

 ESPOSIZIONI

1968 Diana Rabito “Orgasmo in guardaroba” galleria …ph. Claudio Abate.

1970  Diana Rabito  (mostra personale). Testi di Elio Mercuri e Ennio Calabria.dal 7 al 19 marzo 1970 Palazzo Galvani Bologna

1970 Diana Rabito  Libreria Rinascita giugno Palazzo Gonzaga Pescocostanzo

1970 Diana Rabito  Mostra nazionale “Grafica 2” agosto Spoleto

1970 Diana Rabito  “Per una nuova generazione dell’arte” galleria del Duomo settembre   ? 

1971  Diana Rabito “Ipotesi sul consumismo” presentazione di Franco Solmi  e una poesia di Diana Rabito   24 aprile – 10 maggio Galleria Soligo Roma.

1972 Diana Rabito ” Dondolo permanente” galleria del Cortile Roma 1972

1972  Diana Rabito  presentazione di Franco Solmi Palermo : Galleria “La Tela”, 1972

1974 Diana Rabito Palazzo Braschi Roma  «Mostra di grafica autogestita», 4 gennaio sotto l’egida del Comune e della rivista «Capitolium». L’iniziativa è di rilevante significato: si tratta infatti di un tentativo (il primo a mia memoria) di una autogestione condotto da un gruppo di artisti e tendente al controllo dell’intero ciclo della produzione artistica. 4 gennaio 1974.

1974 Diana Rabito “Stoned Moon” (doppio retinale dell’uovo e la luna) galleria …

 1975 Diana Rabito “Giocattoli di Guerra” Galleria d’arte Seconda Scala 11-22 gennaio 1975.

1975 Diana Rabito  “Gioconda Scala” galleria Arco D’Alibert Roma, gennaio 1975

1975   Diana Rabito ” Gioconda Scala”Palazzo delle esposizioni Roma 11-22 gennaio 1975

1977 Biennale dei Giovani di Parigi. Diana Rabito ha presentato una serie di lavori diversi, tra il 65 e il 76 e accomunati da un unico filo conduttore “Cannibalismo retinale e Craquelure” “Fotoromanzo: Un Amore”. (fotografo Pino Settanni).

1977 “Rassegna internazionale di donne artiste” a cura di Romana Loda, Museo Castelvecchi  febbraio 1977.

1977 https://www.ihttp://asac.labiennale.org/it/passpres/artivisive/sem-ricerca.phpncontriinternazionalidarte.com/1977

1977  Expo Arte 1977 – Bari  “Ipotesi ’80” – mostra a cura di Lea Vergine “Sulla casa di fronte”. Berardinone, Del Ponte, Cerati, Rabito,Sandri . L’ambiente di Diana Rabito è composto da diversi elementi, definiti dall’artista, ricordi raccontati. I quattro lavori, “Venezia”, “Interno italico”, “Ricordo biondo” e “Pelledoca”, sono stati esposti in un unico spazio enigmatico cui si accedeva da una porta fessura. (foto di Giorgio Colombo).

1977 Diana Rabito  “Dondolo permanente” marzo 1977 Galleria del Cortile Roma “Dondolo Permanente” 1971-1977 (Nella foto: “L’ovale è un tondo preso a schiaffi” 1971- (Part. Di sinistra) (Elemento suggerito dall’ambiente) in alto a destra: “FOR-CINA. 1977 (particolare)

1981  Diana Rabito 13a Biennale Internazionale del Bronzetto Piccola Scultura Padova Eremitani Novembre 1981 / Gennaio 1982. Testi di Guido Montesi, Settimo Gottardo, Giuseppina Dal Canton, Umbro Apollonio, Giulio Carlo Argan, Max Bill, Ryszard Stanislawski, Giorgio Segato, Alexander Bassin, Janos Frank, Carlo Munari, Franco Solmi, Dora Vallier, Lea Vergine.

1984 Diana Rabito Centre Culturel Thibaud de Campagne “D’unPercours Italien : la strada occulta” a cura di Pierre Ponant e Vanessa Delouya 18 febbraio – 25 marzo. Troyes.  (Opere esposte: La vista dell’angelo, Erospage 1977, Erospaysage di maggio 1981, Ciuchino 1982, Prigionieri del sogno 1982, Autoritratto nel vento di piazza di Spagna 1981)

Diana Rabito  Galleria “Passages” (Associazione di Arte Contemporanea) “D’unPercours Italien : la strada occulta”. 18 febbraio – 25 marzo. Troyes.

1986 Diana Rabito “Arte e Alchimia” a cura di Arturo Schwarz.  XLII Esposizione Internazionale d’Arte : la Biennale di Venezia : arte e scienza. [Redazione, Enrico Basaglia, Giovanni Keller].   Venezia giugno 1986.

1991 Artae Achille Bonito Oliva  Prearo editore catalogo Circolo degli Artisti 25 ottobre – 11 novembre 1991 Roma

“Parlare di Artae e non di Arte significa segnalare la stessa  pronuncia del problema e documentare la produzione inizialmente al femminile”. A.B.O.

“Prima grande mostra di pittura femminile, 80 tele dagli anni sessanta di artiste europee, russe e  americane legate ai grandi movimenti femminili”. A.A.C.

Alcune delle artiste presenti nel catalogo: Accardi, Belatelova, Bettineschi, Bonham Carter, Dadamaino, Darboven, Dompè, Ducrot, Eustachio, Fioroni, Fontenla, Frolet, Haas, Krawagna, Laplante, Maselli,  Mertz, Mirri, Montessori, Ono, Rabito, Rama, Cloti Ricciardi, Schloss, Stauffer, Seung Keum, Weller, Zalopany.

 2018  Diana Rabito XXV Esposizione Nazionale d’Arte “Artisti per Epicentro”  “Caos”, mostra a cura di Nini Abbate. Museo Epicentro di Gala. Barcellona Pozzo di Gotto,  16 dicembre 2018

Bibliografia

1975 Diana rabito “I ricami del dolore” Data rivista bimestrale #18 1975

1975 Diana Rabito   Annemarie Boetti Le finestre senza la casa  Data rivista bimestrale #27

1980  Renato Barilli  “Mostre: Diana Rabito“.  Flash Art 1980

1991 Achille Bonito Oliva ARTAE Circolo degli Artisti 25 ottobre-11 novembre 1991 Prearo editore (catalogo della mostra).

Marta Seravalli  “Arte e femminismo a Roma negli anni settanta” Biblimk editori

Aldo Ricci Brasile d’inferno edizioni Robin

Inoltre di lei hanno scritto: Bonito Oliva, Elio Mercuri, Calabria, Di Grazia, Meconi, Pignotti, Ruggeri.

Tra i suoi film come interprete, ricordiamo:
Per qualche dollaro in più (1965), IPNOSI (1963), Le due leggi (1963), SEXY CHE SCOTTA (1963), LA PICA SUL PACIFICO (1959), VITE PERDUTE (1958), SERENATE PER 16 BIONDE (1957),

Continue reading Diana Rabito Performer, Artista, Poetessa, Aviatrice, Attrice.