Libreria-galleria il museo del louvre Roma 22 giugno-11 luglio 2012
Vettor Pisani è uno dei non pochi artisti della cosiddetta Scuola di piazza del Popolo che sono stato il primo, o tra i primissimi, a individuare e a presentare. Nel caso di Vettor fui il primo, grazie a una segnalazione che mi fece Titina Maselli, invitandomi ad andare a visitare la personale che l’artista, esordiente, aveva da qualche giorno aperto in via Gregoriana, presso la Galleria “La Salita”, con il titolo: Maschile, femminile e androgino. Incesto e cannibalismo di Marcel Duchamp. Si erano appena conclusi gli anni Sessanta, eravamo agli inizi del 1970. Ne ebbi una forte impressione e pensai subito di assegnare a Vettor il premio “Pascali”, che consisteva in una mostra personale nel Castello Svevo di Bari. Ebbi così l’occasione di scriverne, con i colleghi di giuria, nel catalogo di questa mostra, che si tenne nel luglio 1970. Vettor entrava a “gonfie vele” tra gli artisti della Scuola di piazza del Popolo, a cui la morte di Pascali aveva sottratto l’ultimo entusiasmo; nessuno avrebbe potuto sostituirlo, ma a noi parve che l’apparizione, sulla scena di piazza del Popolo, di Vettor fosse garanzia di una continuità nelle fino ad allora, o fino a poco prima di allora, fortunate e felici vicende della giovane scuola. Peraltro l’apparizione di Vettor, seguita quasi immediatamente a quella di Gino De Dominicis, segnò un rimarchevole cambiamento negli orientamenti cosiddetti “pop” di quegli eccellenti (e ancora non pienamente rivalutati) pittori, verso un clima “ concettuale” che pure aveva dato i primi segnali, a Roma e a Torino, con la pittura di Fabio Mauri e di Giulio Paolini. Quello che faceva Vettor era tuttavia qualcosa di diverso. <<Contrapporre nettamente – scrivevo dunque in quel lontano 1970 – quella che si potrebbe chiamare “l’arte critica” di Vettor Pisani all’arte concettuale e mentale, che da un paio di anni occupava la piattaforma apparentemente più avanzata negli Stati Uniti e in Europa, sarebbe forse ingiusto. Tuttavia viene voglia di farlo perché l’operazione di Pisani corregge un errore di fondo di tutto il recente mentalismo e determina, con questo, uno scarto veramente soddisfacente>>. A una pura operazione della mente, messa come in cornice dai concettuali del momento, Vettor sostituiva il dialogo della sua immaginazione con altri artisti, a cominciare dal suo “faro” Duchamp: << All’ambiguità- puntualità del messaggio di Duchamp Pisani ha reagito con l’ambiguità-puntualità di immagini problematiche ispirate all’arte di Duchamp. Immagini addirittura didattiche, che tuttavia hanno lo stesso margine di suggestione di polivalenza dell’oggetto che criticamente riflettono. Una critica lucida fino al limite (o addirittura alla poetica) della vivisezione ma girata in cifra, nella cifra dell’arte, così da invocare essa stessa una delucidazione critica>>. Indicavo poi i poli ideologici della sua attenzione culturale, <<freudismo, darwinismo, antropologia, strutturalismo, alchimia>>. Quest’ultimo interesse lo aveva captato dai dialoghi che cominciammo a condurre tra noi due: l’alchimia era proprio in quel momento il territorio ancora inesplorato dalla critica d’arte, nel quale mi ero quasi ossessivamente addentrato con i miei studi.
Maurizio Calvesi