Francesca Woodman Encounter Stephan Brigidi

Martedi 29 novembre dalle ore 17.00 vernissage delle mostra
Francesca Woodman Encounter Stephan Brigidi
a cura di Rocco Sciaraffa
 Il museo del louvre via della reginella 8a Tel.06/68807725 info@ilmuseodellouvre.com www.ilmuseodellouvre.com
dalle ore 11.00 alle ore 18.30 dal 29 novembre al 30 gennaio

la mostra è stata prorogata fino al 30 marzo
 

Francesca Woodman: Non me ne frega nulla della tecnica, voglio solo bruciare le immagini e fissarle abbastanza a lungo da poterle vedere. Voglio solo vederle, farle emergere. Lasciarle vivere.

Nelle magiche sale della prestigiosa sede romana della Rhode Island School of Design, a Palazzo Cenci, nell’autunno del ’77, avrà luogo l’incontro tra il giovane docente Stephan Brigidi e l’allieva Francesca Woodman. Brigidi apprezza in particolare una tra le foto della Woodman, piuttosto insolita per la composizione rispetto ai lavori esposti dagli altri allievi, ma ne critica la tecnica. La risposta di Francesca è tanto impetuosa quanto impertinente. Alcuni mesi dopo, nel ’78, la Woodman, in partenza per un lungo viaggio, propose a Brigidi in affitto il suo appartamento di via dei Coronari 60. Il viaggio probabilmente non si tenne mai visto che solo due settimane dopo Francesca era di nuovo lì, davanti alla porta, a reclamare i suoi spazi. Stephan che aveva preso in prestito da Hardu Keck un grande piatto, con il quale ha già in mente una possibile composizione, percepì subito che, con Francesca, quell’idea avrebbe trovato la sua realizzazione. Fu così, in questo secondo incontro tra Francesca e Stephan – nel quale Francesca aveva annunciato a Stephan di dover lasciare l’appartamento, che scaturì l’occasione per una tempestiva collaborazione e che quasi fortuitamente nacque Woman with a large plate. Uno scatto in cui non ci sono imperfezioni o difetti, ma dov’è possibile scorgere qualcosa di più misterioso: lei e il piatto diventano una cosa sola, quasi come se quel piatto si fosse tramutato in uno scudo per Francesca. Stephan aveva realizzato qualcosa di speciale, forse più di quello che potesse immaginare. Al termine della sessione fotografica, nel corso della quale seguirono anche altri scatti – due dei quali presenti in mostra, si ripromisero uno scambio dei rispettivi lavori. Francesca visitò la mostra romana che Stephan tenne insieme ad altri due artisti Fulbright nel maggio del 1978, alla Galleria Nuovo Carpine, qualche giorno dopo l’apertura al pubblico. In quell’occasione fu presentata per la prima volta Woman with a large plate, in cui Francesca ha potuto vedere sé stessa insolitamente ritratta come modella da un altro artista. Al suo vernissage a Maldoror, racconta Edith Schloss, noi l’aspettavamo ma non appariva a salutare il suo pubblico. Il 20 marzo del 1978 Francesca Woodman aveva inaugurato alla libreria Maldoror, con ventitré scatti, quella che invece sarebbe stata la sua prima e unica mostra personale in Italia Immagini. Lega nel frattempo con gli artisti del Pastificio Cerere insieme ai quali esporrà, nel giugno dello stesso anno, all’interno della mostra collettiva Cinque giovani artisti (oltre alla Woodman, Ceccobelli, Dessì, Gallo e Ségneri), alla Galleria Ugo Ferranti. Nell’ambito della sua vicenda umana e professionale l’ambiente culturale romano assume particolare significato, unanimamente riconosciuto dalla critica come momento cruciale del proprio percorso artistico. Durante questo periodo nasce Self-deceit (autoinganno), una serie di sei fotografie scattate proprio all’interno delle umide cantine della RISD e stampate nel laboratorio della scuola. Realizza e completa la bellissima serie già iniziata a Providence From Angel Series – è in mostra uno degli scatti, dove risulta evidente l’influenza di Duane Michals, più rappresentativi di questa serie. La già citata Eel series – di cui è presente una tra le foto più celebri, con le anguille nel vaso di porcellana. E ancora il diario fotografico Fish calendar – 6 days (donato a Giuseppe Casetti), Splatter Paint e le diverse serie di ritratti con i nuovi amici romani. Le sue foto, i materiali che vediamo in mostra sono non di rado utilizzati da Francesca per mandare messaggi, come “un cerimoniale comunicativo denso di ulteriori implicazioni”. Un tramite, come nel caso di Cristiano riso e ricotta (1978), che reca una dedica a tempera, lasciata scivolare sotto la porta della libreria Maldoror o come per il grande disegno: Posso fare qualcosa per te, 1977-1978, trovato sul parabrezza della sua Ami 8 week-end di Cristiano-Giuseppe – entrambi esposti in mostra. Art as language, come forma di comunicazione non verbale in cui il corpo, con cui Francesca riprende i concetti di sparizione e assorbimento da parte del mondo fisico, è l’oggetto misterioso dei suoi racconti al limite del surreale. Ma questa è anche, o soprattutto, una storia fatta di sovrapposizioni, di duplicazioni: Francesca è sia la modella di sé stessa che, come eccezionalmente avviene in questo caso, in posa per qualcuno, nell’avvicendamento tematico dell’oggetto-corpo-soggetto; o come per l’appartamento di Via dei Coronari 60, che fa da sfondo ad entrambi gli scatti (Eel series Woman with a large plate). È inoltre anche una storia di legami, di connessioni. Stephan sperava di avere in cambio una di quelle foto con le anguille nel vaso di porcellana – che oggi ritroverà in mostra – ma non immaginava che quando Francesca chiuse la porta dietro di sé, quel giorno, non l’avrebbe più rivista: non si scambiarono mai quegli scatti, come si erano promessi. Le gambe del tavolo in legno del mio appartamento ritornano da dove venivano dirà Francesca alludendo alla sua installazione nel bosco di Peterborough Tree Piece, nata con l’idea di restituire alla natura ciò che le è stato sottratto ed è con lo stesso spirito che Encounter riporta a Roma una Francesca Woodman, anche così eterea e fanciullesca, proprio a pochi passi da Piazza delle Cinque Scòle, dai vecchi locali di Maldoror, dalla sua casa romana di via dei Coronari, dagli spazi del Pastificio Cerere.

Rocco Sciaraffa