Fulvia Cardella. “L’uno”.

Libreria -galleria il museo del louvre mostra a cura di Giuseppe Casetti  28 aprile – 12 maggio 2014.

Il lavoro artistico di Fulvia Cardella vive in una poetica che si nutre di riferimenti filosofici, in una spasmodica ricerca sul vuoto, che la spinge ad una intensa competizione – in perdita – tra sé e la materia, nell’intento di assottigliarla all’esasperazione, fino a renderla solo una linea di contorno.Questo lavoro di sottrazione e polverizzazione è teso a plasmare sottilissime membrane concave, la cui materia è straziata sotto la pressione dell’incessante sfregamento. Fulvia Cardella propone nell’istallazione ‘l’Uno’, negli spazi della galleria ‘Il museo del louvre’, una visione eterea, composta di innumerevoli piccoli gusci di porcellana traslucida, sottili come carta, che fluttuano nello spazio, in cui la luce vibra grazie proprio alle irregolarità e alle grinze della superficie-pelle, che si creano durante le due fasi di lavorazione. Sospesi – su binari di fili, tesi da parete a parete, che, stratificandosi, vanno a creare, a partire dagli angoli della stanza, come una ragnatela incavata e avvolgente, che stringe lo spazio fruibile dell’ambiente espositivo della galleria. Attraverso la ricerca sui linguaggi della spiritualità arcaica e primordiale, e interrogandosi sullo spazio e sul tempo, nei termini di tempio/luogo sacro e di rito, Fulvia Cardella presenta, insieme all’istallazione, un’azione, che interagisce con l’opera come riflessione sul tempo, in cui l’oggetto, nella sua venuta alla luce, va – quasi per sottrazione della luce allo stesso – a lasciare, come fenomeno luminoso, un segno nero su piccole lastre di vetro. Attraverso la ripetizione dello scatto fotografico, numerato e archiviato per data e ora, di ciascuno dei gusci durante la loro deposizione, Fulvia Cardella si propone di isolarli ritualmente nel tempo. Alla fruizione offrirà, poi, esclusivamente le spoglie dell’operazione, ossia i negativi su lastra di vetro nel formato 9×6, scattati con una vecchia box-camera degli anni ’40, di ognuno degli oggetti di porcellana, aprendo, così, vuoti fluttuanti al di fuori dello spazio e del tempo.