Descrizione
12 fotografie cm.18×24 b/n pagg.30
La Mostra d’Oltremare dispone di un complesso di costruzioni permanenti che si sviluppano su di un’area di oltre un milione di metri quadrati. Un’Arena imponente, capace di 15.000 spettatori, un Teatro, un Palazzo dei Congressi, una piscina per ospitare gare internazionali, un Acquario tropicale, ed un Parco faunistico. In questo imponente complesso il Lavoro Italiano nel mondo ha trovato la sua degna sede nella prima manifestazione ad Esso dedicata che si è svolta dal 15 maggio al 15 settembre 1952. Il parco della Mostra costituisce uno dei più pregevoli complessi architettonici del Razionalismo italiano prebellico e postbellico. La semplicità planimetrica del piano particolareggiato dell’area, progettato da Marcello Canino nel 1938. L’edificio Ristorante con Piscina. insieme al padiglione dell’America Latina, costituisce la testata alla Fontana dell’Esedra. Questo vincolo ha fortemente condizionato Carlo Cocchia a progettare l’edificio nel 1938 secondo uno schema asimmetrico a T caratterizzato dall’insolito accoppiamento funzionale di una piscina olimpionica con trampolino nel gambo della T e della sala ristorante in testa. Il collegamento ai vari piani è garantito da una promenade architecturale di chiara ascendenza lecorbusierana. Nel restauro del 1952, realizzato dallo stesso Cocchia, venne riconfigurata la rampa abbattendo il solaio di copertura e aperti i tompagni laterali del loggiato sul prospetto principale. Il Padiglione dell’America Latina costituisce l’altra metà della testata che conduce alla Fontana. Pensati nel 1938 da Bruno Lapadula La Fontana dell’Esedra è una delle fontane monumentali della città. Progettata da Luigi Piccinato e Carlo Cocchia nel 1938. Centro Congressi (ex Padiglione Sanità, Razza e Cultura)progettato nel 1938 da Ferdinando Chiaromonte, uno dei più attivi progettisti napoletani del periodo, e restaurato per la riapertura del 1952 su progetto di Delia Maione e Elena Mendia L’Arena Flegrea fu progettata e realizzata tra il 1938 e il 1940, a soli ventisei anni, da Giulio De Luca che s’ispirò ai modelli architettonici dei teatri greci e romani sparsi per la Magna Grecia non esprimeva solo il coronamento dell’intervento a Fuorigrotta, ma una più generale visione della città, la visione che in ultimo se ne fece il fascismo: una Napoli volta verso il Mediterraneo e l’Africa, grande porto coloniale e militare, sostegno industriale e retrovia commerciale della potenza italiana oltremare e, perfino, base culturale dell’Italia africana, come si diceva allora, tramite l’Istituto Orientale e altre istituzioni universitarie ed extrauniversitarie. […] Era, però, anche una visione pateticamente provinciale e ritardataria nel 1938-39. (Giuseppe Galasso)