Max e Margot Ufer : “Afghanistan e Senegal”

Descrizione

Album fotografico n.1 “Afghanistan” 1948, cm.25.5×16.5,  179 fotografie vario formato sul verso di quasi ogni fotografia c’è il nome del luogo (5 fotografie  dei Buddha di Bamiyan, due enormi statue del Buddha scolpite da un gruppo religioso buddista nelle pareti di roccia della valle di Bamiyan, in Afghanistan, a circa 230 chilometri dalla capitale Kabul).

Album fotografico n.2  Afghanistan” 1948-1951, cm.28.5×20.5, 97 fotografie, Senegal 44 fotografie,  Bucarest 10 fotografie.

sul verso

Nel testo di Marianne Ufer per il “Programma di ricerca “Storia della società Kaiser Wilhelm  nell’era  nazionalsocialista”: 

Triplo Esilio Romania, Afghanistan, Brasile”. Marianne Ufer racconta la fuga dalla Germania insieme ai suoi genitori.

“A Vienna mio padre lavorava per l’IRO- l’Organizzazione Internazionale per i Rifugiati- e cercò di trovare lavoro all’estero. I miei genitori all’epoca avrebbero voluto emigrare in Israele, ma lì c’era la guerra (…). La prima offerta è arrivata dal governo afghano, che voleva assumere mio padre come consulente per la produzione e la selezione delle piante. A spese degli afghani volammo con un gruppo di esperti tedeschi e austriaci a Teheren, dove avremmo dovuto prendere l’autobus per Kabul. C’erano molte difficoltà con i nostri documenti a Teheran. La partenza dell’intero gruppo è stata rimandata di un giorno in più perchè le autorità iraniane non volevano riconoscere i nostri passaporti di apolidi. Il viaggio verso Kabul su vecchi carri su strade sconnesse e non asfaltate è stao avventuroso. (…) dopo le guerre degli ultimi anni, delle belle città come Herat e Kandahar, dei bazar, degli edifici di fango di Kabul e dei giardini paradisiaci intorno alla città, restano cumuli di macerie. Nel 1952 viaggiammo dall’Afghanistan via Peshawar a Karachi, dove ci imbarcammo su una nave per Amburgo. (…) Negli ultimi anni avevo imparato diverse lingue attraverso l’emigrazione forzata: rumeno, francese, persiano. Ho anche migliorato il mio inglese in Afghanistan. Più tardi avrei dovuto imparare il portoghese e l’italiano. Mi sentivo completamente sradicata in Germania e tutti questi eventi mi avevano profondamente offesa. Era quindi giusto per me che i miei genitori andassero di nuovo in esilio, questa volta in Brasile, dove mia madre aveva dei parenti. Prendemmo una nave italiana da Anversa a Santos, il porto di San Paolo”. 

dal tedesco con Google traduttore