Mostra a cura di Giuseppe Casetti dal 29 gennaio ore 18 fino al 3 aprile 2025. Proiezione del Docufilm: “Francesca Woodman a Maldoror” di Carolina Lombardi, ore 19.00. Libreria-galleria il museo del louvre Roma via della Reginella 8a tel. 06 68807725 info@ilmuseodellouvre.com www.ilmuseodellouvre.com
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Le ragazze di Maldoror. Un viaggio nell’arte femminile dal 1977 al 1981 a Roma. Negli anni ‘70, Roma era un vivace crocevia culturale, un terreno fertile per l’innovazione artistica e le idee ribelli. In questo contesto è emersa la libreria Maldoror, un punto di incontro per artisti, scrittori e intellettuali che ha attratto un gruppo di donne, ognuna delle quali ha lasciato un’impronta nella storia dell’arte. Questa mostra celebra il lavoro di Edith Schloss, Francesca Woodman, Sabina Mirri, Monica Albasini Casetti e Cati Laporte, esplorando come la loro interazione e il contesto sociale e politico dell’epoca abbiano influenzato le loro pratiche artistiche e come la loro amicizia e il loro scambio di idee presso Maldoror abbiano arricchito le loro pratiche individuali. La mostra “Le ragazze di Maldoror” celebra queste donne e il loro coraggio di innovare, rompere le convenzioni partecipando con il loro linguaggio artistico a quel rito iniziatico degli abitanti di Maldoror. La libreria Maldoror (1977-1981) in via di Parione 41 era un centro di ricerca permanente mascherato da libreria. L’atmosfera era più surreale delle opere esposte, il surrealismo era solo una estetica che contribuiva a quella sensibilità oscura ma delicata che pervadeva la libreria il cui impegno politico era importante ma ancor di più lo era l’arte, la figura dell’artista che era un mezzo di espressione rivoluzionario ancor più radicale. “La rivoluzione sono io” era la litania che si recitava in via di Parione. Maldoror era la fiera di un immaginario mercato dell’immagine, era l’archivio di una estetica surrealista che sconfinava nell’azzardo dell’assurdo, dell’imprevedibile, nel regno della follia e dell’impossibile. Immagini che fluttuavano nell’aria che potevi acchiapparle chiamandole per nome. C’erano presenze reali arrivate da un mondo immaginario create da una impossibile magia, delicate come le ali di una farfalla. Che vivono soltanto una stagione. Queste essenze immateriali erano la mitologia di quel luogo. Indicavano il percorso ai viandanti, ai pellegrini a quei pochi iniziati al rito di Maldoror. Un rito pieno di vive contraddizioni, unire la trasgressione iniziata dal surrealismo accanto all’iperfuturismo rivoluzionario, unire la trascendenza del meraviglioso al non senso. Queste oscure incandescenze irradiavano quel luogo di un involontario straordinario. A Maldoror c’erano Edith Schloss, Sabina Mirri, Monica Albasini Casetti, Cati Laporte e Francesca Woodman. Edith era una artista americana arrivata a Roma negli anni cinquanta insieme agli artisti americani Peter Rockwell, Cy Twombly, Robert Rauschenberg, Mark Rothko, Milton Gendel. “E’arrivata su una nuvola di materiali combustibili che comprendevano tutto il movimento newyorkese espressionista astratto”. Nel 1977 Edith diventa una assidua frequentatrice della libreria e organizza nelle due stanze della cantina adibita a galleria la prima mostra dal titolo Assemblage. Francesco Vincitorio scrive su L’Espresso nella sua rubrica “Gallerie”: “Assemblage. Da Baruchello alla Cesarini Sforza, da Meo alla Schloss e Turcato. In una piccola collettiva il cui titolo richiama una famosa mostra a New York del 1961” (nella mostra erano esposte anche opere di Birelli, Durkee, Kurhajec, Oursler). Monica è stata una testimone e una presenza quotidiana sin dalla nascita della libreria Maldoror e dove il 18 novembre 1978 espone delle silhouette nere, delle sagome di cartone ritagliate, che evocano profili di ombre nere che assumono forme umane. Monica si ispira all’arte nera degli “artisti” ambulanti che nella carta nera sforbiciavano il “classico” profilo… la shilouette ritagliata. Le sue cancellazioni avvenivano su vecchie fotografie dove copriva con la tempera nera il volto e talvolta lasciandone scoperta una parte …un orecchio, un occhio. Cati una ragazza francese con la pelle bianca come quella di un cadavere, con due occhi neri come due tizzoni di carbone che rendevano vivo quel volto, capelli lunghi, neri arruffati che le cadevano lungo le spalle, con una minigonna cortissima che mostrava due gambe lunghissime e ben tornite e un corpo sensualissimo, imponente, varcò la soglia della libreria e salendo su una sedia urlando: “Sono la nipote di Alfred Jarry come vi permettete …” e non le facemmo finire la frase che la prendemmo in braccio e la portammo come un trofeo intorno al tavolo del negozio. La stavamo aspettando da tempo quella scena. Cati Laporte da allora fu una frequentatrice assidua di Maldoror. Ci disse che era venuta in Italia con la sua macchina fotografica per fotografare le suore quelle vestite di bianco, quelle di nero, quelle azzurre, quelle grigie, quelle marroni e quelle bianche e celesti. Sabina a differenza dei frequentatori della libreria, nonostante la giovane età era una artista che aveva una visione chiara della realtà dell’arte con una spiccata personalità che sprigionava da ogni poro della sua pelle la sua voglia di vita. “Maldoror era un luogo che mi stimolava, era talmente diverso dal resto degli ambienti intellettuali e degli artisti che frequentavo a Roma, anche se apparentemente sembrava un luogo negativo. Sabina ci parlava della sua amica Giosetta Fioroni e a Maldoror incontra Francesca, la ragazza americana che parlava italiano così che le riuscì subito ad integrarsi e partecipare a quel gruppo sofisticato di radicali refrattari avanguardisti futur- gotici e surrealisti dove tra gli abitanti della libreria si sentiva a casa. “Quando nel 1977 ho conosciuto Francesca nella libreria Maldoror, avevamo vent’anni e l’arte era già il nostro pane quotidiano. Cominciammo a frequentarci quasi giornalmente. Lì abbiamo scoperto scrittori, pittori e movimenti artistici del passato che hanno segnato la nostra arte”. Delle due ragazze Edith Schloss scrive: “la trovavo nella libreria Maldoror da Christiano e Paolo, in piazza della Pace, con questi ragazzi magri, un po’ tenebrosi, che amavano tanto i loro libri polverosi sul futurismo e sul surrealismo: E sulla porta di Maldoror la vedo ancora sibilando e sibilando con Sabina, la sua coetanea italiana. E sussurravano e sussurravano per ore. Che cosa mai si potevano sempre raccontarsi queste ragazze?”Francesca da Antella, un paesino vicino Firenze, ci scrisse del progetto di una mostra a Maldoror per il suo compleanno, il 3 aprile. Gli inviti della mostra li aveva fatti stampare su un cartoncino bianco, dove in alto a sinistra, c’era scritto: “Immagini Francesca Woodman libreria Maldoror via de Parione 41 marzo 20-30” e accanto ad ogni invito aveva incollato un provino fotografico a contatto: “…e la cornice di marmo della porta del salone di palazzo Cenci, e il muro macchiato e segreto delle sue cantine, e il pavimento e il cielo della sua casa di San Salvatore in Lauro, e lo specchio e la tartaruga, e il pesce e il frutto, e le ali, e il suo corpo nudo e soprattutto quella luce che ci sussurra la sua magia…” Il giorno dell’inaugurazione il 20 marzo…lei non c’era…
N.B. Sono esposte opere delle artiste e memorabilia degli anni ‘70