Una scatola di cartone color avana, come quelle delle scarpe, riposava da un po’ di anni nell’archivio del museo del louvre di Roma. Sollevando il coperchio, dentro si legge, a pennellate rosa, “Archivio Novella Parigini”.
All’interno della scatola ci sono fotografie, cartoline, lettere, brochure di mostre, schizzi e disegni, ma anche documenti di viaggio, biglietti da visita, numeri di telefoni e indirizzi di amici e celebrità, ricevute di hotel e ristoranti in giro per il mondo.
Tutto questo è appartenuto alla pittrice Novella Parigini (1921-1993) che, con la sua persona e la sua arte, ha incarnato l’essenza di un’epoca. Animatrice degli anni d’oro della Dolce Vita, dei gossip consumati sui tavolini dei bar, dei divi di Hollywood in giro fra paparazzi per le strade di Roma.
Con i suoi coloratissimi dipinti, con i ritratti ipertrofici delle dive del cinema, con i suoi volti di gatti in serie, Novella Parigini è stata pop già dai primi anni ’50, pop prima ancora di Schifano e di Piazza del Popolo. Il suo studio di via Margutta è una piccola Factory romana di cui lei è la regina indiscussa, Novella come Andy, ma con il volto e le movenze di Edie. Se la sua fama al tempo è stata grande, di lei oggi purtroppo resta poca memoria. Per questo motivo abbiamo deciso di aprire quella scatola magica che un tempo è stata sua. Per immergerci nel mondo di Novella Parigini e scoprire qualcosa in più su questa piccola grande icona pop, mai abbastanza celebrata.
Le nove vite di Novella Parigini
Pittrice, enfant terrible, pioniera, mondana. Novella è stata una delle protagoniste di quella vita molto dolce e un po’ romana che, fra gli anni ’50 e i ’60 del Novecento, aveva tutti gli occhi del mondo puntati su di sé. Novella “regina di via Margutta” che fa presenza fissa sulle colonne scandalistiche dei giornali. Novella che, ancora prima, è a Parigi con gli esistenzialisti. Novella che espone giovanissima a New York, Novella che indossa il primo bikini, Novella che fa il bagno vestita in una fontana di Roma ancor prima di Anita Ekberg.
E ancora Novella che è amica di Dalì e di De Chirico, di Sartre e di Cocteau e ritrae con la stessa naturalezza gatti e dive di Hollywood. Novella che è ella stessa forse un gatto e, come i gatti, ha nove vite. E ama i tetti e gli abbaini, siano quelli di Montmartre o della sua casa-studio al quinto piano di un vecchio palazzo di via Margutta. 192 scalini, da salire accompagnati da un sfilza di scritte vergate sui muri, che a ogni piano gridano, con voce un po’ stridula e bambina: “Novellina sta all’ultimo piano”.
Lassù si poteva incontrare Alberto Moravia seduto a terra “a far disegni da ragazzo”, Ava Gardner, Marlon Brando, Ursula Andress (prima di diventare la Bond Girl per eccellenza) o Gary Cooper che ballava il tip tap sulle travi di legno sconnesso, molestando i vicini. Narra la leggenda che il nome Novella fu suggerito da D’Annunzio in persona alla madre, aristocratica toscana, da cui Novella aveva preso un certo piglio snob. Di tutta quella snobberia fu però presto stufa e, dopo aver dato alla luce la sua unica figlia, Novella la smise con le mondanità. Non si stancò mai però di dipingere i suoi quadri. Perché dipingere era per lei essenziale, come respirare, la sua stessa vita. Ma sarà poi vero? “Tutto è vero in lei, tutto è falso” diceva di lei la scrittrice e giornalista Flora Antonioni, in un pezzo uscito sul Corriere nel 1955. Novella Parigini a trent’anni era già stufa di tutto, voleva farla finita o farsi monaca. Ma come i gatti ha vissuto invece ancora e ancora, disseminando in giro le sue coloratissime donne-gatto disegnate a gessetti. “Io vivo sempre felice” dice in un’intervista da anziana, “non ho nostalgia del passato”. Inafferrabile Novella, un po’ gatto un po’ bambina, con la vitalità e la libertà di quelli che, in un mondo di Infelici Molti, Elsa Morante chiamava i Felici Pochi.
P.s. Se volete conoscere la sua voce, potete farlo qui.
Livia Satriano
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