Omaggio a Emilio Villa nel centenario della nascita. Scritti, disegni, ritagli e cancellature.

Libreria-galleria il museo del louvre 19 settembre 2014 mostra a cura di Giuseppe Casetti

A cento anni dalla nascita di Emilio Villa, si incontreranno presso la libreria-galleria Il museo del Louvre, dalle ore 18.00, studiosi, scrittori, artisti, amici, cultori e appassionati di Villa per ricordare l’opera e la figura del poeta. In occasione dell’incontro saranno esposti edizioni degli scritti, oggetti, autografi, dattiloscritti, biglietti, ritagli, scarabocchi di Villa.

Della nascita e della poesia di Emilio Villa

Il tempo della nascita è il tempo del già accaduto, il tempo dell’evento irreversibile e insuperabile, dato, “factum” proveniente da un prima
inafferrabile, il tempo della presenza di noi stessi che tuttavia non è mai
presente a sé, è il tempo dell’ “ormai”. Oramai  è il titolo della prima importante raccolta di liriche di  Villa del 1947. “Oramai” non “ormai”, quasi a marcare con quell’ora un “adesso” che immediatamente sfuma
in un “non più” e nello stesso tempo una durata nel presente tuttavia mai
compiuta, una conclusività che permane senza mai  finire rinviando a un’ulteriorità a sua volta  indefinita, sospesa tra prima e dopo senza intervallo (“Dopo il dopo è dopo/dopo cenato la tempesta”).

La densità di senso di questo avverbio sembra raccogliere l’esperienza spirituale e poetica di Villa: innanzitutto l’esser dati a noi stessi e al mondo nel modo di uno spossessamento e di una alienazione irrimediabile (“Siamo morti che non sanno persuadersi d’essere morti, sempre nascosti
dietro i portoni delle case”
), alienazione nella Storia che Villa ha sempre
rifiutato e dalla quale non si è mai lasciato impartire lezioni, ma soprattutto alienazione da sé (la gratuità dell’esser nati) vissuta tuttavia con un misto di nostalgia ed euforia che l’ha condotto progressivamente nella sua scrittura alla disintegrazione anche dell’io lirico a cui avevano dato voce le prime poesie ed a pervenire a “le Je Grand en bribes” (Io in
briciole della stupenda Letania per Carmelo Bene) degli ultimi scritti.

A questa esperienza del tempo già dato e mai concluso si legano, secondo noi, altri due motivi fondamentali della scrittura di Villa: l’origine e il rifiuto dell’opera. Villa è stato ossessionato dall’origine oscura, barbara
ed enigmatica (“Non c’è più origini. Né. Né si può sapere se. Se furono le origini e nemmeno”) – origine innanzitutto della civiltà occidentale come testimoniato dal suo straordinario lavoro di traduttore delle lingue semitiche antichissime che ne ha fatto uno dei pochi scrittori capaci di rompere con il modello storiografico neoclassico (“ariano” come lo ha definito Martin Bernal nel suo Black Athena) per ricondurre la civiltà greca alle sue relazioni con le culture afro-asiatiche. Ma è in
un’altra direzione ancora che Villa ha declinato il motivo dell’origine: quello della provenienza dell’opera d’arte dal “silenzio
sovrano che rompe la continuità del linguaggio articolato”
. Villa è forse stato l’unico poeta italiano del ‘900 (con l’eccezione secondo noi di Campana) che è stato fedele al dettato del Lautréamont delle Poésies:
“La scienza a cui mi accingo è una scienza distinta dalla poesia. Non canto
quest’ultima. Mi sforzo di scoprire la sua fonte.” Non una generica vocazione “sperimentale” ma la ricerca di questa fonte indicibile
della poesia nel silenzio puro che tuttavia implacabilmente assilla a esser
“detto” ha condotto Villa alla dissipazione dei suoi scritti, a rifiutare ogni
forma di “opera” per dissolvere questa in Scritti disegni ritagli e cancellature come ha colto acutamente Casetti titolandogli il suo omaggio attraverso la costruzione di un labirinto di tracce grafiche, visive, oggettuali, persino video (nella mostra si vedranno le immagini girate da Casetti nella abitazione di Villa) nella paradossale ricorrenza dei cent’anni dalla nascita, di quel tempo dell’oramai gioiosamente irrimediabile (L’oscura punta d’essere l’essere dell’essere/ del crescere e del salire: e struggere e segregare/senza pietà/senza armonia).
Edmondo De Liguori