Francesca Woodman photographs 1977-1981

Libreria-galleria il museo del louvre mostra a cura di Giuseppe Casetti 23 maggio – 19 giugno 2011.  Catalogo con un testo di Giuseppe Casetti ed Edith Schloss Agma editore.

(Le fotografie sono in vendita).

Una mattina d’autunno del ’77 quella ragazza dall’aspetto anonimo mi consegnò una scatola di tela grigia che conteneva delle fotografie insieme a un piccolo biglietto da visita che recitava: Francesca Stern Woodman Photographs.                                                                                                                            Aprii la scatola e ne rimasi sedotto. Era la prima volta che vedevo le sue fotografie. Mi disse che le faceva con l’autoscatto. Ero disorientato dal cortocircuito tra l’apparenza adolescenziale e la forza di quelle immagini. Non riuscivo a credere che dietro quel suo aspetto di ragazzina si celasse una donna con una energia così forte e così sensuale. E’ stata una meraviglia e una gioia: davanti a me avevo una grande artista. Dopo una pausa mi disse: “Se vuoi, puoi occuparti di questa scatola grigia”.                                  Dopo quell’incontro venne spesso a Maldoror e in quel periodo insieme a Paolo M. e Sabina con Francesca formammo un gruppo molto unito. Spesso la mattina io e Francesca facevamo colazione con il cappuccino e la sfogliatella napoletana appena sfornata al bar Bella Napoli di corso Vittorio Emanuele. Un giorno trovai sul parabrezza della mia Ami 8 week-end parcheggiata davanti al liceo Virgilio un grande disegno a matita: lei nuda, con un berretto in testa, il muso del mio cane Ducasse e un bue sdraiati sul divano a righe della sua casa di San Salvatore in Lauro, accanto al divano un tavolino con un vaso con un mazzo di fiori e due tazze. In alto a sinistra sul disegno una dedica: “Cristiano mi dispiace che sei poco felice oggi: posso fare qualche cosa per te?”                                                                                                            Altre volte faceva scivolare sotto la porta della libreria una fotografia ritoccata con i colori a tempera. L’opera era composta di due foto adiacenti stampate a contatto su fondo nero, lei appariva nuda e sul piede sollevato c’era dipinto con una tempera verde e bianca una tazza con il piattino e sull’altro contatto c’era dipinto sul corpo nudo sorretto dalle due mani un piatto bianco e con la tempera bianca il riso. Sulla foto con la tempera bianca c’era scritto “Cristiano riso e ricotta, venerdi 8:00”.                               Aveva lasciato la porta socchiusa…sul tavolo riso e ricotta…Riso e ricotta era il mio pasto prediletto e quotidiano. Come in altri casi spesso Francesca usava le sue fotografie per mandare messaggi, per dare appuntamenti, inviti a colazione, per raccontare le sue giornate: era il suo modo di comunicare indirettamente. “Le fotografie erano il tramite e anche un cerimoniale comunicativo denso di ulteriori implicazioni”.                       Ricordo una sera una lunga passeggiata frettolosa, da via di Parione per giungere a villa Borghese e lungo un viale impropriamente le raccontai che in fondo alla strada saremmo arrivati davanti ad un edificio dove un tempo abitava Raffaello; un luogo così suggestivo ci fece fantasticare pensando al passato.                                                                                                                        Cercavamo un luogo dove appartarci, lontani dai rumori e dalla gente, e giungemmo senza accorgercene davanti la Casina di Raffaello. Rimanemmo in silenzio, chiusi nella nostra timidezza.Passammo insieme una sera piena di allegria, dal maniaco collezionista di cartoline. Un torinese con smanie sessuali che sublimava e sfogava collezionando cartoline con immagini di coprofilia, priaprismo, di satiri arrapati che rincorrevano giovinette in abiti succinti, coiti in tutte le posizioni, rapporti anali, orali e via dicendo. Le cartoline erano conservate e catalogate dentro interi armadi in una stanza dedicata alla sua collezione. Insieme a Sabina e Paolo M. interi pomeriggi ci ritrovavamo al bar Fassi vicino a piazza Fiume e nel giardino del caffè che ospitava l’albergo Washington. La sera frequentavamo una angusta trattoria con una luce spettrale, bianca al neon e con pochi tavoli in via della Lungara vicino Regina Coeli. C’era anche lei, un giorno, mentre io e Paolo M., pieni di polvere cercavamo i libri futuristi nei depositi sotterranei di Patuzzo, il vecchio libraio fascista.                                                                                

Giuseppe (Cristiano) Casetti

Francesca Woodman ha vissuto a Roma tra il 1977 e il 1978, frequentava la libreria Maldoror dove espose per la prima volta
le sue fotografie. La mostra Francesca Stern
Woodman photographs presenterà materiali inediti e stampe vintage del
periodo romano. Le fotografie, le lettere, i biglietti autografi, i disegni
esposti in questa mostra sono una raccolta delle tracce che Francesca ha
lasciato del suo passaggio romano. In occasione della mostra sarà pubblicato il volume Francesca Stern Woodman photographs di Giuseppe Casetti e Francesco Stocchi, edito da AGMA. Un racconto visivo che, per la prima volta si allontana, nella forma e nel contenuto, dall’indagine sull’opera fotografica dell’artista, nella ricerca di rintracciare tra le parole il segno di un’esperienza artistica d’eccezione.