Diego Petruzzi “Testimoni”.

la libreria -galleria il museo del louvre 29 maggio-7 giugno 2014 mostra a cura di Giuseppe Casetti.

“Parto dalla creazione di quella che chiamerei “matrice”, realizzata associando liberamente linee e ritagli di giornale con una tecnica vicina al collage su cui poi continuo ad intervenire finchè lo ritengo opportuno. Dopo di ché scolpisco questa matrice o meglio: creo un supporto in legno tridimensionale che poi avvolgo e ricopro con la matrice una volta averla stampata, così ottenendo una specie di scultura. La scultura è una forma muta che viene ricoperta dalla matrice; dopo di ché vado a consumare la superficie della scultura con l’aiuto di  una paglietta abrasiva fermandomi solo dopo aver trasformato la matrice in una patina uniforma che chiamo anche pelle”.                                                                                                                          Così Diego Petruzzi descrive il procedimento creativo che lo ha portato a realizzare questa sua opera intitolata “TESTIMONI”. Parte integrante dell’opera è il luogo dove essa è istallata:la galleria-libreria “il museo del louvre” di Giuseppe Casetti, che tra l’altro è anche il curatore di questa mostra di Diego Petruzzi. Queste strane sculture, infatti , sono disseminate tra gli scaffali della libreria insieme a libri antichi ad esprimere la necessità di un confronto con un passato che diventa ogni giorno di più qualcosa di indecifrabile; indecifrabile come sono indecifrabili sono queste strane sculture che somigliano a dei reperti archeologici di un passato immemorabile che può essere evocato soltanto come irremediabilmente passato. Se di sculture si tratta sono sculture senza piedistallo, incapaci di stare ritte, ma deposte sugli scaffali quasi fossero coricate; comunque abbandonate non si sa da chi ed a quale scopo. Esse più che a testimoniare questo o quello, testimoniano l’impossibilità stessa di testimoniare, ma anche la sua necessità. Sono sculture su cui si è sedimentato il tempo come una specie di scrittura, ormai illegibile. Qui abbiamo a che fare non con una semplice cancellazione del passato ma (“tutto viene consumato e logorato dal tempo-dice l’artista- come quelle scritte sui muri che con il passare dei giorni vengono abrase e consunte, scritte semi-cancellate anche dal formarsi di  macchie e di muffe”), ma ci troviamo di fronte ad una cancellazione della stessa cancellazione. Questo ci depista facendoci perdere  le tracce del passato in un intrico insensato di linee da cui forse si (spera)un giorno potrà emergere una forma. Questo è quello che resta, ma ciò che resta lo fondano i poeti (Holderlin). Allora queste strane sculture deiette e disperse, rovine di un mondo che non ci appartiene più (il nostro), lavorano silenziose a rendere di nuovo possibile il darsi di qualcosa di sensato che possa essere di nuovo e finalmente condiviso.

Stefano Valente